All’indomani della pubblicazione della lista dei 57 libri proposti al Premio Strega e della “classifica di qualità” de L’Indiscreto, ho elaborato alcune riflessioni che ho deciso di condividere con gli sparuti lettori di questo blog, benché la mia opinione, oltre a non essere richiesta, non sia frutto di studi mirati e la mia passione per la lettura sia di natura puramente solipsistica ed edonistica.
Mi sono interrogata spesso sul ruolo dei social media sulle classifiche di vendita dei libri, ne avevo intuito la portata culturale e commerciale ma ritenevo, ingenuamente, si trattasse di un fenomeno relegato, per lo più, alle fasce più giovani e senza un reale influsso sulla letteratura tout court. Io stessa ho, talvolta, acquistato un titolo per la suggestione di una recensione appassionata, di una foto ammaliante, o per la reiterata proposizione di prodotti editoriali dalla veste accattivante. Altrettanto spesso, poi, mi sono schierata da una parte o dall’altra di opinioni estremizzate da parte di booktubers o bookgrammers, tacciando la parte avversa di poco spessore nei gusti letterari. In fondo fa tutto parte del gioco dell’internet.

La scorsa settimana ho assistito alla presentazione di un libro. L’autore, acclamatissimo, durante il dibattito, ha sentito la necessità di spiegare il motivo per il quale era stato criticato e di giustificare le scelte narrative effettuate, elencandone i criteri che vi erano sottesi e le finalità. Tra le parole ne ho scorto alcune che ricalcavano – quasi pedissequamente – le critiche mossegli qualche giorno addietro da un giovane e competente booktuber.
Da qui è scaturita una riflessione sulle rinnovate modalità di divulgazione della letteratura, sulle sue nuove potenzialità in termini sociali e culturali e finanche sugli assetti epistemologici sui quali, finora, si adagiava il dibattito letterario. La disciplina sembra, in un certo qual modo, sganciarsi dall’ambito accademico e il dibattito critico si è spostato sui commenti che popolano le tante pagine/profili/canali di Facebook, Instagram e YouTube create all’uopo.
Le statistiche che riguardano la lettura ci hanno da qualche anno abituati a numeri quasi ridicoli, denunciando non solo la scarsa abitudine da parte degli italiani di dedicare parte del tempo libero alla narrativa o alla saggistica, ma persino l’inconsistenza della denominazione di “lettori forti” a fronte di una trend di soli 12 libri l’anno. Eppure, sebbene la mia percezione sia probabilmente fuorviata dai miei interessi, il quadro che si ricava da una rapida ricognizione dei principali social networks è differente: sempre più persone sembrano interessarsi alla letteratura, talora persino divenendo i protagonisti, più o meno consapevoli, più o meno capaci, di una discussione letteraria sempre più allargata.
Queste poche righe equivalgono ad una constatazione. Lungi da me puntare il dito sull’inadeguatezza dei canali di comunicazione utilizzati o sulla presunta incompetenza di chi parla di libri sul web con passione, pur senza potersi annoverare tra gli addetti ai lavori. La pervicacia di certe affermazioni la lascio a chi si abbarbica arrogantemente al proprio percorso di studi e a chi non ha fantasia.
Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro… Nell’universo infinito della letteratura s’aprono sempre altre vie da esplorare, nuovissime o antichissime, stili e forme che possono cambiare la nostra immagine del mondo… Ma se la letteratura non basta ad assicurarmi che non sto solo inseguendo dei sogni, cerco nella scienza alimento per le mie visioni in cui ogni pesantezza viene dissolta…(I. Calvino, Lezioni americane, 1988)